Venerdì 10 Luglio 2015 ho dedicato la giornata alla conoscenza di un mestiere molto in voga in Toscana, a Firenze e dintorni soprattutto, che in qualche modo lo si può collegare al mondo della Pietra; il Cotto e la Ceramica.
Infatti, la mattina, sono stato alla Fornace Masini per svolgere una visita all’interno del luogo lavorativo, riuscendo a comprendere il valore aggiunto del territorio dell’Impruneta e il detto “Terra, Acqua e Fuoco..”cosa può generare. Il pomeriggio, invece, sono salito sino alle sommità dei colli che sovrastano Lastra a Signa, per fare due chiacchere con Giancarlo Carrai, uomo del Cotto e della Ceramica e collaboratore della Frosini Pietre. Di seguito ecco cosa mi ha raccontato.
Ciao Giancarlo, per iniziare puoi dirmi chi sei, puoi farmi una breve presentazione di te stesso?
<<Sono Giancarlo Carrai, sono nato a Pomaia in prov. di Pisa, ma ho vissuto tanti anni a Comeana con la mia famiglia(ci trasferimmo là per motivi lavorativi). La voglia di studiare era zero, cosicché mio babbo mi mandò al Villaggio di Signa , scuola professionale di Signa. C’erano 6 mestieri, il falegname, il pellettiere, il ceramista, il metalmeccanico, il cappellaio e un altro. La mattina studiavamo e il pomeriggio imparavamo il mestiere. M’innamorai della Ceramica, grazie al maestro Mori. Iniziai a maneggiare la terra, a smaltare, a cuocere; il maestro ci diceva i suoi segreti, ci trasmetteva un sacco di cose. Dopo due anni uscii dalla scuola e trovai subito un sacco di fabbriche ad aspettarmi.. . Andai in una Ceramica di Signa, in Castello. Lì trovai due soci, un pittore e uno scultore, il quale(il secondo), da ragazzo aveva lavorato nella grande manifattura di Signa, che aveva circa 150 maestranze nel 1880. Questo scultore mi trasmise l’80% di quello che so fare. Stetti 10 anni, avendo la forgiatura.
Una volta mi mandarono a comprare le “Spinte Forti”; andai in una mesticheria e chiesi: “mi dà un etto di Spinte Forti?” e il mesticaio rispose: “io te le posso anche daa forti, ma ci sta che tu voli fori dalla finestra…”. Le Spinte Forti erano la sveglia per le persone giovani, un monito a darsi da fare e non stare a gingillarsi.
Successivamente lavorai presso un’altra ditta di Signa, la quale comprò tutte le forme della manifattura di Signa, per restaurarle. Vi rimasi 10 anni. Tra il 1980/81 trovai un pittore; io sapevo modellare, far le forme, smaltare, ero un ceramista completo e così, insieme, aprimmo la Ceramica La Torre, nei pressi di Scandicci. Rimasi dal 1980 al 1993; partimmo in due e quando venni via erano 24 persone. Facevamo tante cose, seguendo anche lo stile robbiano, di Della Robbia, stile che apprezzo molto. Quando me ne andai, lasciai tutto, tranne le mie mani e all’Impruneta, appena si seppe che mi ero messo in proprio, ebbi tutto il lavoro solo per me. Lavorai con 25 aziende, dalla Fornace Masini, alla Mariani, alla Mitar, a Zago sino alla Corradini di Montelupo Fiorentino. Lavoravo dalle 7 di mattina alle 23 di sera. Facevo l’artigiano e il facchino. Da solo ho arredato il Four Season di Firenze. Ho lavorato per la Moncler di Londra e Parigi e ho avuto tanti clienti in America>>.
2) Hai lavorato spesso con la Frosini Pietre; quand è che l’azienda ti ha chiesto di collaborare?
<<Con Andrea Frosini ci conoscevamo per motivi sportivi; abbiamo fatto numerosi restauro insieme, il più grande dei quali a Quarrata, in una villa privata>>.
3) Cosa pensi del tuo mestiere oggi? Resisterà, per come lo hai vissuto te, alla globalizzazione o dovrà necessariamente evolversi? E perché i giovani, spesso, non apprezzano questo tipo di lavoro? Quali sono i fattori che li portano da altre parti?
<<Per me non ce la fa; per fare un mestiere così ci vuole un altro ambiente, siamo fuori contesto. Per dirti….a Firenze, alle medie, c’è la possibilità che si sappia che il Della Robbia sia un ortolano di Firenze…. . Bisognerebbe tornare a origini diverse da quelle attuali. E’ un mestiere sporco, polveroso, ora tutti amano la cravatta. E’ un lavoro di sacrificio che dà soddisfazioni. Per i giovani è un lavoro deprimente, che declassa. Conosco mille tecniche e se avessi qualcuno con cui lavorare a contatto, gliele trasmetterei. I giovani vogliono l’immediato. Oggi il nostro modo di lavorare serve a poco…..>>.
Le ultime parole del Carrai, prima di salutarlo, sono state: “questo è un amore che dura fino alla bara” e “chi non sa, insegna!”. Pronunciate da un artigiano che vive del lavoro delle proprie mani, hanno riempito appieno la mia giornata alla scoperta del Cotto.