La dott.ssa Elisabetta Cioppi del Museo di Storia Naturale di Firenze ha scritto un secondo articolo per la Frosini Pietre. Se nel primo raccontava del rapporto che esiste tra la Pietra Serena e il Museo di Storia Naturale, in questo secondo articolo ci presenta le menzioni che la Pietra Serena ha avuto nella letteratura italiana e non, grazie a numerosissimi autori, tra i quali si ricordano Dante, Leonardo da Vinci, Benvenuto Cellini o Gabriele d’Annunzio.
Dante (1265-1321)
«Ma quello ingrato popolo maligno
che discese di Fiesole ab antico,
e tiene ancor del monte e del macigno.»
Inferno, canto XV, 61-63
Leonardo da Vinci (1452-1519)
«La Gonfolina, sasso per antico vinto col monte Albano in forma d’altissimo argine, il quale tenea ringorgato tal fiume in modo che, prima che versassi nel mare, il quale era a dopo a piedi di tal sasso, componea due grandi laghi, dei quali il primo è dove oggi si vede finire la città di Firenze insieme con Prato e Pistoia.»
Codice Leicester, foglio 9 r
«Piglierà il primo volo il grande uccello sopra del dosso del suo magno Cecero, empiendo l’universo di stupore, empiendo di sua fama tutte le scritture e gloria eterna al loco dove nacque.»
Codice sul volo degli uccelli, Biblioteca Reale di Torino
Benvenuto Cellini (1500-1571)
«Di questa sorte di pietre ce n’è una color d’azzurro, la quale è molto delicata e piacevole da lavorare e da vedere; e i paesani la domandano pietra serena»
Trattato della Scultura, 1565-1567
Giorgio Vasari (1511-1574)
«Quella ch’eglino chiamano pietra serena è quella sorte che trae in azzurrigno o vero tinta di bigio, della quale n’è ad Arezzo cave in piú luoghi, a Cortona, a Volterra e per tutti gli Appennini, e ne’ monti di Fiesole è bellissima, per esservisi cavato saldezze grandissime di pietre, come veggiamo in tutti gli edifici che sono in Fiorenza fatti da Filippo di Ser Brunellesco, il quale fece cavare tutte le pietre di San Lorenzo e di Santo Spirito et altre infinite che sono in ogni edificio per quella città. Questa sorte di pietra è bellissima a vedere, ma dove sia umidità e vi piova su o abbia ghiacciati addosso, si logora e si sfalda; ma al coperto ella dura in infinito.»
Le Vite, 1550
Ulisse Aldovrandi (1522-1605)
«Ad coeruleum colorem, vergit lapis ille Petra Serena appellatus, cuius varie fodinae in Cortona, Agro Volterrano & in omnibus montibus Apenninis reperiuntur; etenim hic Lapis in multis aedificis Florentiae visitur »
Mus. Metall., lib.III, Bologna, postumo, 1648
Filippo Baldinucci (1624-1697)
«Pietra Serena, prima sorta – Una pietra che pende in azzurrino o bigio. Cavasi in Arezzo, Cortona, Volterra e ne’ monti di Fiesole e per tutti gli Appennini. Trovasene in grandissimi pezzi. Di questa sono i bellissimi edifizi delle Chiese di S. Lorenzo e S. Spirito e altri molti nella città di Firenze. Stando al coperto è di eterna durata, ma esposta all’acque, si consuma e si sfalda.»
Vocabolario toscano dell’arte del disegno, Firenze 1681
Giovanni Targioni Tozzetti (1712-1783)
«Le più comuni categorie però, sotto delle quali gli architetti comprendono le minute differenze delle pietre della Golfolina e di Fiesole, sono due: cioè Pietra Serena e Pietra bigia, sotto ambedue si considerano la ruspa e la fine; la forte e la tenera. I segni distintivi sono, che la Serena è di color ceruleo chiaro, la Bigia è di color di terra, o Leonato sudicio. Generalmente la Bigia è più dura, e più ersistente alle ingiurie dell’aria, di quello che sia la Serena, quantunque vi abbia anco della Serena forte e ruspa che resiste benissimo allo scoperto. Se tutti gli Architetti facessero savia e proporzionata scelta delle pietre per gli Edifizi, secondo la qualità del luogo in cui devono impiegarsi, non si vedrebbe tutto giorno sfarinarsi, e cadere a pezzi i pietrami di Edifizi bellissimi, sì pubblici, che privati. Questa differenza di Pietra Serena e Bigia, non è già naturale, ma solo stabilita per l’uso meccanico; poiché in Natura non sono pietre diverse, ma porzioni della stessa pietra.»
Relazioni d’alcuni viaggi fatti in diverse parti della Toscana per osservare le produzioni naturali e gli antichi monumenti di essa, tomo I, 1751
Gabriele D’Annunzio (1863-1938)
«Di quella pietra ch’è detta serena
(nasce dal Monte Ceceri in gran copia)
schietta pietra, pendente nell’azzurro alquanto,
di color d’acqua piovana
ove cotta la foglia sia del glastro.»
Alcyone, L’opere e i giorni, vv. 20-24
Bruno Cicognani (1879-1971)
Riveggo le cave di fronte, in attività come allora, le cave della tua pietra serena, Firenze.
L’età favolosa, 1940.
Elisabetta Cioppi